suono e specularità (1965 - 1969)

Iª Esecuzione mondiale del concerto di scultura, Festival dei due mondi, Spoleto (Perugia), Teatro Caio Melisso 1966.

In un periodo come quello degli anni ’60, in cui la relazione delle arti plastiche con la musica, la danza e l’happening diventava sempre più significativa, Pierelli decise di accostarsi alla dimensione della realtà attraverso una delle sue forme di rappresentazione temporale più dirette: il suono. Risalgono infatti al 1966 le sue prime sculture auto-musicali, opere in grado di generare suoni attraverso l’immissione di un’apparecchiatura radio sensibile alle vibrazioni oppure tramite l’intervento di agenti atmosferici che ne provocavano il movimento.
Ed è sempre nel marzo dello stesso anno che lo scultore, assieme a Pietro Grossi, Giuseppe Chiari e Naum June Paik, decide di organizzare e partecipare ad una serie di performances, di cui la prima alla Galleria l’Obelisco e la seconda, a pochi giorni di distanza, al teatrino di via Belsiana. La libera sovrapposizione di scultura, gesto vocale-musicale ed invenzione elettroacustica, attraverso l’esclusiva realizzazione del Fonosynth da parte dell’ingegnere Giuliano Strini e del tecnico del suono italo polacco Paolo Ketoff, diede così vita sia al Primo concerto mondiale di scultura (1966), presso lo studio di Pierelli a Roma, che alla Iª Esecuzione mondiale del concerto di scultura nel Festival dei due mondi di Spoleto. Ad animare letteralmente come dei veri e propri strumenti musicali le opere progettate dall’artista ci fu la cantante e performer Michiko Hirayama, mentre i compositori Vittorio Gelmetti e Sylvano Bussotti improvvisavano dei componimenti musicali.

Come un’arpa eolia, la scultura parlante di Pierelli Xonarinox 1 A/67 è costituita da tre generatori di frequenza regolabili e da un trasduttore che, posto a contatto con le lamiere, trasmette all’acciaio le vibrazioni corrispondenti alle frequenze prodotte dagli oscillatori esterni, il cui rumore viene poi amplificato da un altoparlante. Al centro della struttura alcune fotocellule determinano la potenza e la continuità dell’emissione dei suoni a seconda dell’intensità della luce che le colpisce, poiché se posta all’aperto, la scultura diviene sensibile alle variazioni della luminosità del sole, mentre in uno spazio chiuso viene “animata” dagli spostamenti d’aria prodotti dal passaggio dei visitatori.
Xonarinox 1 A/67, 1967, acciaio inox - tre oscillatori - un amplificatore - un trasduttore - sei fotocellule, cm 300x120x120, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
Il vento, 1975, acciaio inox, cm 300x134x134, San Giustino (PG), Villa Magherini Graziani di Celalba
Le sculture sonore di Pierelli sono oggetti parlanti, strumenti sensibili al tatto che generano vibrazioni ed armonie arcane se solo le si sfiora o le si percuote, immettendo il fattore tempo in una lettura che utilizza le ipotesi scientifiche e la bellezza estetica delle formule matematiche per tradurle nel poetico linguaggio dell’arte. Dilatandosi nello spazio tramite il suono, tali opere divengono vere e proprie installazioni, combattendo l’apparente staticità della loro austera forma grazie all’animazione acustica, elemento completante-complementare di uno spazio divenuto fluido, “attraversabile”.

«Guglielmo Marconi da giovanissimo intuì la possibilità di comunicare a distanza senza l'uso di conduttori, sfruttando le onde elettro- magnetiche scoperte da Hertz. Marconi per tutto il resto della vita ha approfondito gli studi sulle radio-comunicazioni, realizzando le proprie teorie. Quindi proprio quando io ero piccolo si è passati a un nuovo tipo di scienza, ad una terza fase: quella delle onde. Ecco perché nella mia arte confluiscono suono-luce-movimento. Voglio far comprendere il passaggio storico, l'inaugurazione della fase della conoscenza umana verso l'infinitesimo. C'è relatività ma non precarietà, il mio ruolo è di anticipare ed evidenziare i fenomeni scientifici dando loro un aspetto poetico»

Attilio Pierelli, Xonarinox 3, 1967, acciaio inox - struttura elettronica, cm 230x100x100 (distrutta)
Il Vento, 1966, acciaio inox, cm 311.4x114.9x55.5, Washington (U.S.A.), The Hirshhorn Museum and Sculpture Garden